L’ERA BIDEN FINIRÀ NEL 2024

Come scritto diversi mesi fa Biden ha fatto l’impossibile per far degenerare la crisi bellica in Ucraina e nulla per avviare seriamente un negoziato di pace. Ha sostenuto per quasi un anno una guerra per procura che è costata ai contribuenti U.S.A. oltre 50 miliardi di dollari. Dopo aver perso il controllo di un ramo del Congresso la sua posizione nei confronti della Cina sembra essersi ammorbidita, con gli screzi su Taiwan che paiono sopiti ma non lo sono. Intanto cerca una sponda in Xi-Jinping per risolvere la questione ucraina.

In verità il cambiamento scaturisce da motivazioni politiche interne e non da un cambio convinto di strategia militare e geopolitica nei confronti di Putin: la consapevolezza di non avere più i numeri per farsi approvare con facilità dal Congresso le autorizzazioni al finanziamento della guerra. Da adesso in poi dovrà mediare con gli avversari repubblicani, e questo aspetto rende tutto più complicato. Quindi meglio cercare altre strade, anche se queste rischiano di portarlo tra le mani cinesi.

La popolarità del presidente americano è calata drasticamente nell’ultimo anno: la figuraccia afghana, l’escalation verbale con Putin, le restrittive misure sociali e sanitarie anti-Covid di stampo faucista, l’impegno oneroso a difesa dell’Ucraina, le frizioni con la Cina sulla vicenda Taiwan e l’inflazione alle stelle, con lo spettro di una prossima recessione, non depongono a suo favore. A ciò si aggiunga di recente la sospensione delle sanzioni, introdotte dall’amministrazione Trump nel 2019, alla Venezuela di Maduro, alleato del regime iraniano e amico di Putin, che consentiranno alla Chevron, su autorizzazione del Tesoro, di estrarre petrolio venezuelano e importarlo negli Stati Uniti. La scelta appare sciagurata perché comporta lo sdoganamento ufficiale di una dittatura socialista da parte dell’America libera con conseguente vantaggio economico per il corrottissimo regime venezuelano e svantaggio economico per la Guyana, alleato storico a stelle e strisce in sud America e piccola terra ultraricca di petrolio, anche di qualità migliore contenendo meno zolfo, con la quale la Cina sta stringendo un accordo proprio per lo sfruttamento delle risorse fossili. L’amministrazione democratica sta, in questo modo, arricchendo economicamente un acerrimo nemico e sta spingendo verso lo scaltro Xi-Jinping un fedele alleato.

Biden passa per essere, senza esserlo, un uomo dai grandi principi. Combatte in Europa contro il regime russo di Putin mentre finanzia in sud America il regime venezuelano di Maduro: evidentemente lui preferisce i dittatori socialisti. Le violazioni dei diritti umani e il mancato rispetto delle norme sull’inquinamento ambientale in Venezuela passano in secondo piano, nonostante siano due bandiere ideologiche distintive dei democratici americani.

In conclusione l’operato dell’attuale amministrazione americana è stato disastroso. In Afghanistan doveva essere un ritiro programmato e invece abbiamo assistito a una fuga. La guerra in Ucraina rimane un enorme punto interrogativo, solo una vittoria sul campo di Zelensky potrebbe migliorare la reputazione dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Inoltre i prossimi dati su inflazione e occupazione saranno fondamentali perché sull’economia gli statunitensi non perdonano errori. Nonostante gli scivoloni e le cadute,  Joe Biden sembra convinto a ripresentare la sua candidatura alle presidenziali del 2024. Anche se tra i democratici serpeggia malumore sarà impossibile che il partito possa impedire al presidente in carica di ricandidarsi. L’unico spiraglio di successo per Biden rimane aperto se contro ritroverà Donald Trump. Durante le ultime votazioni di metà mandato i democratici hanno giocato sporco, utilizzando parte dei propri fondi per sponsorizzare alle primarie repubblicane candidati di area trumpiana, considerati più deboli e quindi più agevolmente superabili e battibili alle elezioni dai propri candidati. Le candidature di rappresentanti dell’area trumpiana sono state una débâcle per i repubblicani, sottostimando il loro peso elettorale effettivo in questo momento storico. La situazione sarebbe diversa se al posto di Trump ci fosse qualcun altro.

In attesa dell’annuncio ufficiale cresce la possibilità di uno scontro interno alle primarie con Ronald DeSantis, politico italoamericano in forte ascesa tra i repubblicani e amatissimo dai conservatori. L’endorsment di Elon Musk è significativo dell’appeal crescente di DeSantis negli Stati Uniti. Con la candidatura del governatore della Florida, per l’Elefante la strada verso la Casa Bianca sarebbe spianata. Con l’imprevedibile Trump la partita sarebbe da giocare, partendo comunque da una situazione di vantaggio. Alle ultime elezioni di midterm gli elettori americani hanno dato un primo segnale. Alta è la probabilità che tra due anni cambieranno il loro presidente. Sarà la volta di un repubblicano, ormai è solo questione di tempo. Biden is a cooked chicken. Waiting for 2024!

                                                                                                                  Quirino De Rienzo

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