Nell’emergenza sanitaria in corso Vincenzo De Luca è tra i pochi politici ad aver dimostrato di avere sale in zucca. Di fronte ad un governo lento nel prendere le decisioni, che ha cominciato malvolentieri e tardivamente ad usare il pugno duro, l’unica aspettativa di rimedio è riposta nei governatori regionali e nei sindaci. La linea di estrema durezza, voluta fin dall’inizio dal presidente De Luca, è stata oggetto di pesantissime accuse, addirittura di un ricorso al TAR. A molti cittadini lo stato d’eccezione non va giù. Le ordinanze regionali hanno agitato perfino raffinati costituzionalisti, che hanno sottolineato l’annullamento dei diritti costituzionali in Campania.
Ma in una situazione di emergenza sanitaria ogni misura restrittiva è a tutela del cittadino. Non c’è Costituzione che tenga di fronte a circostanze superiori. In uno stato d’eccezione la Carta costituzionale diventa carta straccia. Prima di ogni altra cosa viene la salute pubblica. Pare che ancora troppi fatichino a tener conto del fatto che siamo sotto una “dittatura sanitaria”, secondo la definizione azzeccata del filosofo Marcello Veneziani. Quando l’emergenza finirà ritorneremo alla normalità e ci riapproprieremo dei nostri diritti.
La politica, dopo aver momentaneamente abdicato al potere in favore di epidemiologi e virologi, non sta prendendo in autonomia quasi nessuna decisione. Non si muove foglia senza prima ascoltare il parere consultivo, nei fatti vincolante, dei consulenti scientifici. Il governo segue le loro indicazioni. Il Consiglio superiore di sanità, l’Istituto superiore di sanità e il Comitato tecnico-scientifico per l’emergenza svolgono un ruolo che in tempo di guerra convenzionale sarebbe appartenuto al Consiglio supremo di difesa e al Consiglio di guerra. Quello che nelle guerre del passato è stato costantemente compito dell’élite militare adesso è diventato compito dell’élite medica. Lo sarà sempre di più a causa dell’inarrestabile diffusione delle sperimentazioni sulle armi batteriologiche. Da italiani, pensando a Cadorna, questo certamente non ci rincuora, ma restiamo fiduciosi nei nostri generali della sanità.
Stando all’ultima analisi sulle caratteristiche genetiche del virus, fatta dal dipartimento di Immunologia e Microbiologia dello Scripps Research Institute di La Jolla negli U.S.A. e pubblicata sulla rivista Nature Medicine, l’epidemia di Covid-19 (virus SARS-CoV-2) avrebbe avuto come sorgente d’infezione un animale o sarebbe stata causata dalla modificazione genetica di un virus già conosciuto e circolante tra gli uomini. Come si vede non siamo di fronte ad un attacco batteriologico ma quello che stiamo affrontando ci prepara ai pericoli che potranno venire.
Tornando alla situazione sanitaria italiana, quando sarà finita l’emergenza, nel fare l’analisi complessiva si dovranno considerare anche gli sbagli della classe medica nel prevedere l’epidemia. Non si addossi ogni colpa alla classe politica. Quando Zingaretti faceva l’aperitivo con i giovani piddini, quando Salvini passava le giornate a cambiare posizione ogni ora inseguendo l’opinione corrente, quando Conte e Di Maio apparivano rassicuranti dicendo di avere la situazione sotto controllo, c’era un ragguardevole numero di scienziati e di medici che, sui giornali e nelle televisioni, tranquillizzava gli italiani. Ad esclusione dei pochissimi passati quasi nel silenzio, i vari professori che affollavano i salotti televisivi sottostimavano la gravità, minimizzando il pericolo. Per alcuni si trattava di poco più di un’influenza, per altri l’epidemia non si sarebbe avuta in Italia con la stessa violenza della Cina. Che la prima diagnosi di Covid-19 su un paziente italiano sia stata intuita da un’anestesista e non da un infettivologo nel reparto di Malattie Infettive dà la misura della sottovalutazione del pericolo. Prevedere prima avrebbe consentito di organizzare meglio il sistema sanitario, prendendo le adeguate precauzioni e preparandosi al peggio.
Sull’ordine pubblico la politica ha conservato una discreta autonomia, dando prova di imperdonabile incapacità. Far uscire la bozza del decreto legge, che doveva impedire gli spostamenti, il giorno prima dell’approvazione, consentendo a migliaia di meridionali di partire nella notte dal Nord Italia verso il Meridione, comprova la sciatteria dell’attuale classe politica. I provvedimenti di urgenza non si annunciano in quel modo. La paura e l’istintività dei cittadini ha fatto il resto, con l’esito che si sono spostati nel Sud Italia, dove il sistema sanitario è meno organizzato, migliaia di possibili vettori di contagio. La politica è rimasta totalmente autonoma solamente nelle decisioni economiche. Alcune scelte sembrano assurde, perché nulla hanno che fare con la pandemia. Ad esempio infilare nel decreto Cura Italia la nazionalizzazione di Alitalia e agevolare migliaia di scarcerazioni appare insensato. Questi soldi si potevano spendere meglio per affrontare l’emergenza, magari approfittandone per costruire nuove carceri.
Il Governo si sta dimostrando inadeguato. Conte è solamente un professorino, il premier buono per tutte le stagioni. In fatto di trasformismo ha battuto De Pretis. Una cattedra di diritto privato non rende conseguentemente capaci di amministrare gli affari pubblici. Nella politica italiana di professorini e professoroni ne abbiamo esperienza, e solitamente pessimi ricordi. La competenza politica non si improvvisa, né si consegue sulla carta. Ha ragione l’attuale presidente della Regione Campania, “un Paese non lo si governa senza élite politica e senza competenza”. I politici di formazione e di lungo corso, se competenti, sono gli unici adeguati ad affrontare problemi complessi, al contrario dei politicanti improvvisati.
Ancora troppi cittadini dimostrano scarsa disciplina e totale incapacità di rispettare le regole, come sta succedendo pure nella vicina Francia. Perciò le ordinanze dispotiche e punitive di De Luca risultano più incisive dei blandi e tardivi decreti di Conte. Sugli italiani i divieti e le punizioni severe funzionano sicuramente meglio dei consigli e delle raccomandazioni. Dei professorini fighetti siamo stufi. Al governo nazionale preferiamo lo Sceriffo.
Quirino De Rienzo
Grande presidente de LUCA