Correva l’anno 1951. Dentro il Salone delle Feste del Casinò, con un biglietto da 500 lire, comprendente cena e spettacolo, tra tavolini da cafè-concert e camerieri in divisa, un pubblico ristretto prendeva parte alla prima esibizione canora che di lì a poco sarebbe diventata la più famosa nella storia del Belpaese. Presentava la trasmissione Nunzio Filogamo. Siamo agli albori del Festival di San Remo. La Rai trasmise in diretta radiofonica le tre serate. A vincere quella prima edizione fu Nilla Pizzi con Grazie dei fiori. L’idea della gara tra le canzoni era stata dell’industriale Pier Bussetti, gestore della casa da gioco.
In quegli anni in cui l’Italia provava a risollevarsi dalle macerie della guerra, l’industria discografica era praticamente inesistente e chi voleva proporre una canzone doveva rivolgersi direttamente alla Rai, che disponeva di proprie orchestre e di propri cantanti stipendiati. La canzone doveva, poi, essere sottoposta al giudizio severo delle commissioni, solitamente refrattarie alle novità. Negli anni successivi aumentò il coinvolgimento degli italiani e le case editrici cominciarono a mandare le loro proposte. Nel 1955, quando fu trasmesso per la prima volta in televisione, il Festival aveva già un’eco internazionale: solo pochissimi anni dopo sarebbe stato interamente mandato in onda in Eurovisione.
Con l’avvento della televisione cominciarono i grandi cambiamenti: adesso che la manifestazione era diventata uno spettacolo non solo di voci e di suoni ma soprattutto di immagini bisognava ripensare alcuni aspetti. Per queste ragioni alla conduzione cominciarono ad essere chiamati presentatori telegenici e già noti al pubblico televisivo. Mike Bongiorno fu tra i primi ad essere perfettamente in linea con i nuovi parametri. In questa fase lo spettacolo cominciò a divenire meno musicale e sempre più televisivo; esibizione canora e programma Tv cominciavano a confondersi. Dovendo ora contemperare l’aspetto sonoro con l’aspetto fisico, il canto con l’immagine, il personaggio da portare sul palco era importante almeno quanto la voce. In più la Rai, come già aveva fatto e stava continuando a fare con Telematch e Campanile sera, utilizzò il Festival con l’intento di fare breccia in quelle tante piccole patrie che caratterizzano la Penisola, ricercando storie provenienti da quel mondo, che era la provincia italiana, allora ancora troppo lontano dal mezzo televisivo. Fu per questo che a Pizzi, Togliani, Boni, Latilla si affiancarono emergenti di strada come Celentano, Molinari, Torrielli, Dallara. Sulla stessa scia si fecero largo personaggi che davanti alla telecamera si trovavano a proprio agio come Mina, Milva, Bobby Solo e Tony Renis, i quali divennero i divi della musica italiana degli anni sessanta.
Ma più di tutti è stato Domenico Modugno a rendere popolare il Festival di San Remo. Il successo di Nel blu dipinto di blu oltrepassò i confini nazionali, arrivando in America e facendo volare l’Italia nel mondo.
Tra gli anni settanta e gli anni ottanta la manifestazione conobbe il periodo più oscuro della sua esistenza fino ad essere abbandonata dall’emittente statale. È nel 1981 che riprese quota, con la Rai divenuta organizzatrice e padrona assoluta del Festival, dopo aver messo fine alla gestione affidata ai privati e al domino delle case discografiche. Solo così San Remo acquistò definitiva centralità nel palinsesto annuale della Radiotelevisione Italiana. Gli anni più recenti raccontano di un Festival in cui la spettacolarizzazione è stata a mano a mano crescente, interessando ogni aspetto: dal palco e dalla scenografia del teatro Ariston fino all’orchestra e alle ospitate di star nazionali ed internazionali.
Il Festival di San Remo ha avuto la capacità di travalicare le alpi e diventare la massima vetrina della televisione italiana nel mondo. Una delle più grandi ammiratrici d’oltreoceano del Festival è stata Audrey Hepburne. Per molti italiani rappresenta cinque giorni di canzonette, una settimana di polemiche, una sequela di frasi retoriche, di linguaggio ipocrita e di atteggiamenti perbenisti; per molti altri un intrattenimento televisivo-musicale carico di tensione emotiva e di simbologia incandescente. Di certo è un rito collettivo che, da oltre mezzo secolo, ogni anno si ripete, mettendo seduti davanti alla televisione milioni di persone e mobilitando la coscienza critica di una nazione.
Quirino De Rienzo
Una sintesi chiara, esaustiva ed esplicativa della storia del Festival di Sanremo. Articolo bellissimo!