Presi come siamo stati dall’ossessiva ripetizione di temi perlopiù futili, i quali hanno dominato il dibattito pubblico nell’ultimo anno, la notizia ha rischiato di passare inosservata, fino a quando il settimanale L’Espresso non ha deciso di dedicare alcune inchieste all’argomento, mettendo fine al colpevole silenzio dei media. I fatti riguardano il concorso bandito nel 2017 per reclutare 2.425 dirigenti scolastici.
Anzitutto andrebbe ricordato ai membri del governo allora in carica, a guida Partito Democratico, che assumere personale nel pubblico impiego non sempre è una scelta assennata per due motivi: il primo riguarda il peso che essi avranno per i prossimi decenni su un bilancio dello Stato già deficitario e il secondo riguarda la loro utilità futura come fornitori di servizi pubblici in relazione ai dati che segnano un crollo progressivo delle nascite.
In Italia, infatti, da molti anni si assiste a una continua diminuzione della natalità: nel 2008 il numero dei bambini nati si attestava a 576.659, mentre nel 2017 si è scesi a 458.151. Il trend previsto per i prossimi decenni è ancora in discesa. Se non nascono bambini, le scuole di domani saranno meno frequentate; pertanto, il numero dei dirigenti scolastici, così come quello degli insegnanti, andrebbe programmato in riduzione e si dovrebbe proseguire nell’accorpamento degli istituti.
I governi italiani, in ultimo non meno colpevole quello a guida M5S-Lega, sembrano non voler tener conto del calo demografico e dell’ormai condizione strutturale di scarsa crescita economica del Paese, perseverando in dissennate assunzioni nel comparto pubblico-statale.
Ma torniamo al nostro argomento. Del concorso per dirigente scolastico si vuole dire. Ricorsi su ricorsi hanno costretto il TAR del Lazio (Sezione Terza Bis) a pronunciarsi in merito e con sentenza n.08655/2019, pubblicata in data 02/07/2019, è stato disposto l’annullamento del concorso.
I particolari emergono chiaramente da quanto riportato nel testo della sentenza, di cui pubblichiamo le parti più significative (chi non fosse interessato ad entrare nei dettagli può proseguire con la lettura oltre il virgolettato).
<<Con ogni evidenza, però, nel consesso figuravano anche componenti che versavano in una condizione di incompatibilità e/o erano in conflitto di interessi, sicché non avrebbero potuto essere destinatari di alcuna nomina. In particolare il decreto direttoriale della Direzione Generale per il personale scolastico, prot. n. 2080 del 31 dicembre 2018 (doc. 29), è illegittimo nella parte in cui nomina il dott. A****o F*******o M******i, quale componente della 12° Sotto-Commissione, la dott.ssa E********a D****i, quale componente della 11° Sotto-Commissione, e la dott.ssa F*******a B*****i, quale componente della 18° Sotto-Commissione.>>
<<Con riferimento alla dott.ssa D****i (doc. 30) e alla dott.ssa B*****i (doc. 31) va evidenziato che risultano aver svolto attività formative nell’anno precedente all’indizione del concorso. In tal senso, l’art. 16, co. 2, lett. d) del D.M. 3 agosto 2017 n. 138, recante proprio la disciplina regolamentare del concorso de quo, statuiva espressamente che i componenti dell’organismo tecnico, tra l’altro, «non debbono svolgere, o aver svolto nell’anno antecedente alla data di indizione del concorso, attività o corsi di preparazione ai concorsi per il reclutamento dei dirigenti scolastici». Per il deducente non richiede particolari spiegazioni, la necessità che un soggetto che si sia attivamente occupato della formazione dei futuri candidati non figuri nelle Commissioni esaminatrici destinate proprio a selezionare i vincitori, dal momento che, diversamente, si verrebbe ad ingenerare una situazione di potenziale conflitto di interessi idonea a compromettere l’attendibilità delle valutazioni e, quindi, la trasparenza e correttezza delle operazioni concorsuali.
Più articolata e complessa, poi, è la posizione del dott. M******i. Al momento del conferimento dell’incarico e tuttora, egli risulta essere il Sindaco del Comune di *********, in Provincia di *******, di talché, in quanto organo elettivo, non poteva essere nominato in alcuna commissione esaminatrice per pubblici concorsi di reclutamento secondo quanto previsto dall’art. 35, co. 3, lett. e) del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e dall’art. 9, co. 2 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487.
Per il ricorrente la carica politica rivestita dal commissario è di per sé suscettibile di determinare un evidente rischio di sviamento delle funzioni attribuite in ragione dell’incidenza del munus publicum rispetto al servizio pubblico di istruzione scolastica statale.>>
E ancora:
<<Al riguardo, deve essere sottolineato che:
b) l’art. 16 co. 2, lett. d) del D.M. 3 agosto 2017 n. 138, recante proprio la disciplina regolamentare del concorso de quo, statuiva espressamente che i componenti dell’organismo tecnico, tra l’altro, «non debbono svolgere, o aver svolto nell’anno antecedente alla data di indizione del concorso, attività o corsi di preparazione ai concorsi per il reclutamento dei dirigenti scolastici” con la conseguenza che non potevano essere nominati come componenti delle sottocommissioni le dott.sse D****i e B*****i che avevano svolto attività formative nell’anno precedente all’indizione del concorso;
c) poiché non è contestato che nella seduta plenaria del 25 gennaio 2019, nel corso della quale la Commissione ha validato i quesiti e tra l’altro ha definito la griglia di valutazione hanno preso parte i membri versanti in situazioni di incompatibilità, quali quelli poc’anzi indicati, ne consegue che la presenza di tali membri rende illegittimo l’operato della commissione nella parte in cui sono stati fissati i criteri di valutazione; ne consegue che la presenza di tali membri rende illegittimo l’operato della commissione nella parte in cui sono stati fissati i criteri di valutazione;
d) ne discende ulteriormente che tale illegittimità si riverbera a cascata sull’operato di tutte le commissioni, essendo stati i criteri di valutazione definiti da organismo illegittimamente formato.>>
<<Ciò premesso, il ricorso va accolto a seguito della riconosciuta fondatezza della doglianza che ha contestato la legittimità dell’operato della Commissione plenaria nella seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione, con conseguente annullamento in toto della procedura concorsuale in questione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e per l’effetto Annulla i provvedimenti impugnati.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.>>
Nel contenuto sopra sono riportate le iniziali dei nomi dei commissari che avrebbero inficiato le procedure concorsuali. Si tratta di due donne impegnate in corsi di formazione per aspiranti dirigenti, le quali avrebbero potuto avvantaggiare chi aveva seguito i loro corsi. E poi un uomo, sindaco di un paese della Campania, la cui carica è risultata incompatibile con la partecipazione alle commissioni per i concorsi pubblici.
Tralasciando il caso particolare, sul piano generale la lettura della sentenza ci offre un interessante spunto di riflessione: è abbastanza recente il divieto di ricoprire il ruolo di commissario nei concorsi statali per chi prende parte all’insegnamento in corsi di formazione che preparano ai concorsi medesimi. Su questo occorrerebbe cautelarsi maggiormente e rendere illegali, vietandole, le scuole di formazione per quelle professioni a cui si accede mediante concorso statale. Allo stato attuale, infatti, potrebbero esistere modi per aggirare l’impedimento mediante la creazione di una serie di reti amicali e clientelari, tali da favorire coloro i quali si iscrivono ai corsi di formazione e li frequentano, a discapito di chi non lo fa, anche quando nelle commissioni d’esame non sono presenti direttamente gli insegnanti che erogano i corsi in questione. Sarebbe certamente più trasparente e meritocratico che ognuno si preparasse autonomamente studiando sui manuali, senza essere indotto a dover seguire questo o quell’altro corso formativo dietro pagamento di una quota di iscrizione, verosimilmente somigliante ad altro. Si ribadisce che questa riflessione è complessiva e non riferita al caso in esame, su cui abbiamo come unici elementi di giudizio quelli forniti dall’operato della giustizia amministrativa.
Dopo la pubblicazione della sentenza, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato. La data in cui i giudici dovranno pronunciarsi sul merito dell’appello proposto dal Miur è stabilita per il 17 ottobre 2019.
Nel frattempo sempre il Consiglio di Stato, su richiesta del Miur, con ordinanza n.05742/2019 del 12/07/2019, sezione VI, ha sospeso l’efficacia della sentenza del TAR che aveva disposto l’annullamento del concorso per dirigente scolastico. Insomma un pasticciaccio brutto tipicamente italiano.
Il ministro Marco Bussetti avrebbe fatto una bella figura se avesse ammesso gli errori e le irregolarità, ribadendo piena fiducia nella giustizia e optando per una decisione diversa. In attesa della sentenza definitiva del Consiglio di Stato, non avrebbe dovuto procedere all’assunzione con riserva di coloro che sono risultati vincitori del concorso (per ora annullato dal TAR con validi motivi), trovando il modo per nominare, temporaneamente, nelle sedi scolastiche scoperte i dirigenti già in servizio. Invece, avallato dal Consiglio di Stato che ha accolto la sua richiesta, ha pensato bene di sospendere l’esito della sentenza del TAR fino alla pronuncia del Consiglio di Stato e ha deciso di nominare in via provvisoria i vincitori del concorso, avvalendosi della prevalenza di un presunto interesse pubblico in effetti assai controverso e discutibile.
Il ministro dell’Istruzione ha, in questo modo, voluto reagire a muso duro alla decisione del Tribunale Amministrativo del Lazio. D’altra parte il governo di cui fa parte ha sempre menato vanto di essere cazzuto, di difendere il popolo e di non farsi intimorire da nessuno. A chiacchiere, ovviamente. Nei fatti, quello gialloverde, più che cazzuto, ha dimostrato di essere un governo di cazzari. E anche questa situazione lo dimostra: dove sono il rispetto delle leggi, le battaglie per il merito, per la legalità e per la trasparenza? Tutti valori ventilati durante le interminabili invettive ripetute ad ogni comizio elettorale leghista o pentastellato degli ultimi anni.
Comunque, anche se il Consiglio di Stato dovesse ribaltare l’esito della sentenza del TAR, il capitolo su questo concorso non sarebbe completamente chiuso. Infatti, la Procura di Roma, attraverso il pubblico ministero Desiree Digeronimo, ha deciso di aprire un fascicolo che potrebbe finire in un’inchiesta mirata a rintracciare le possibili ripercussioni penali della vicenda, con il Miur e i membri delle sottocommisioni a rischio di essere rinviati a giudizio e di subire un processo per svariati reati penali nell’eventualità contestabili. Doveva bastare solo questo per spingere il Ministero ad una maggiore cautela e ad una posizione più attendista.
Per il ministro dell’Istruzione (ancora per poco) Bussetti, forse è arrivata l’ora di cominciare a pensare di dover fare, nei prossimi anni, quello per cui ha studiato e che non ha quasi mai fatto. Gli alunni saranno ammirati dai suoi insegnamenti nelle attesissime ed amatissime ore di educazione fisica. Altri profili, si spera all’altezza del ruolo, dirigeranno la scuola pubblica a livello nazionale. L’istruzione italiana, in generale, ne trarrà immenso giovamento.
Fino ad oggi in materia di concorsi nessuna riforma è riuscita a debellare gli episodi diffusi di illegalità perseguibili penalmente e (oppure) dalla giustizia amministrativa; assai probabile che questa non sia la sola strada risolutiva.
In Italia bisogna vigilare sui concorsi pubblici a tutti i livelli, essendo essi una sorgente inesauribile di illegalità e corruzione, come innumerevoli inchieste della magistratura dimostrano; quando si manifestano irregolarità e illeciti accertati da sentenze definitive, i concorsi vanno annullati e rifatti. Solo così si disincentiva chi imbroglia e si incentiva chi concorre a denunciare. E, in definitiva, considerati i conti dello Stato e l’andamento dell’economia, vista la scarsa qualità dei metodi di selezione e preso atto della corruzione dilagante, ancora più assennato sarebbe indire concorsi pubblici il meno possibile; ovvero solo quando è strettamente inevitabile ed opportuno.
Quirino De Rienzo