La politica estera francese è da secoli volta al raggiungimento dell’egemonia sull’Europa; in epoca moderna almeno fin da quando il cardinale Richelieu, assunto l’incarico di primo ministro di Francia, promuovendo l’accentramento e il rafforzamento burocratico-amministrativo, riorganizzando la finanza pubblica e reprimendo le minoranze interne, gettò le basi per le successive fortune esterne del Regno, le quali poterono essere conseguite anche per merito della sua raffinata e spregiudicata strategia politico-militare antiasburgica.
Allora come adesso, sotto altre insegne e in altri sistemi, la rivalità è con i tedeschi.
Nei secoli successivi la Francia ebbe la forza di diventare una importante potenza coloniale, con il continente africano al centro delle sue attenzioni. Questo durò fino all’inizio della decolonizzazione, successivo alla fine della seconda guerra mondiale.
In realtà la Francia non ha mai perso le proprie ambizioni sull’Europa e sull’Africa. Prova ne siano le recenti tensioni dialettiche con la Germania e le vicende riguardanti la Libia negli ultimi dieci anni. Lo sforzo in sede europea da parte di Macron, rinominato in patria “monarca repubblicano”, nel tentativo di opporsi alle politiche economiche tedesche non è altro che un modo per provare a insidiare la Germania e acquisire la leadership nel Vecchio Continente. L’intervento militare in Libia, voluto in prima persona da Sarkozy, invece, si caratterizzava per l’inclinazione recondita di riconquista del posizionamento internazionale perduto.
Che l’esistenza di un complesso giuridico-istituzionale unitario e solido nell’Europa centrale fosse un pericolo per la Francia e un ostacolo alle sue ambizioni di dominio lo aveva già compreso il Grande Cardinale, per questa ragione artefice di una strategia intelligente, mirata a depotenziare la minaccia dell’Impero Romano Germanico, frammentandone il dominio territoriale e riducendone il potere politico.
Ancora nell’Ottocento, come i personaggi de “I vecchi e i giovani” di Pirandello dovevano sapere, gli interessi francesi si estendevano al Mediterraneo e le vicende del Regno d’Italia erano seguite con estrema attenzione, in particolar modo le tensioni politiche e sociali della Sicilia di quel tempo, sempre con l’intenzione di trarre vantaggio dalle situazioni che si presentavano.
Dalla fine del XX secolo la Francia ha cominciato a perdere ogni speranza di esercitare un ruolo guida sul continente europeo a seguito della caduta del muro di Berlino, allorquando la Germania è stata unificata. Sul continente africano, invece, Parigi ha progressivamente ridotto il proprio potere politico, conservando però interessi economici rilevantissimi e utili al proprio raggio di influenza. Questo perché le più alte sfere dello Stato francese guardano avanti sempre con lo stesso obiettivo.
La demografia è uno dei motori a sostegno della potenza esterna: la Francia si aspetta di superare la Germania per numero di abitanti entro i prossimi due decenni; infatti le politiche di sostegno alle famiglie costano all’incirca 80 milardi ogni anno. Anche se, forse, la demografia, da sola, non basterà a contrastare il primato della prima manifattura europea.
Tornando ai fatti quotidiani, la Francia si avvale delle grandi imprese, statali o private, che servono gli interessi nazionali in Europa come in Africa. Entrando nei settori economici strategici degli altri Paesi, quali reti di trasporto o telecomunicazioni, le classi dirigenti francesi finiscono per diventare influenti sulle decisioni politiche al di fuori dei propri confini.
In Francia politica, alta burocrazia, finanza e grande impresa sono asservite agli scopi nazionali. Di più, esiste una commistione tra burocrazia e politica tale da rendere impossibile la demarcazione tra le due. Gli enarchi francesi sono, in larga parte, i funzionari formatisi nelle grandi scuole francesi (come l’École Normale Supèrieure, l’École Nationale d’Administration, l’École Polytechnique e Sciences Po), i quali sono passati dallo svolgere le alte funzioni amministrative dello Stato ad occupare le massime cariche politiche. Tra questi, otto primi ministri e quattro presidenti della Repubblica.
Storicamente è lo Stato che ha fatto la Francia. Questo è un fatto rilevante. A mantenere alte le ambizioni francesi è la brama di riconquistare la grandeur perduta; a conservarne le possibilità di riuscita è la solidità dell’alta amministrazione politica e burocratica dello Stato: gli enarchi, il potere francese per eccellenza.
Quirino De Rienzo
Non sono un’appassIonata di politica europea, ma leggendo questo articolo mi è più chiara la situazione riguardo agli obiettivi che si è posto lo Stato francese nel corso della storia e che si pone attualmente, anche se, secondo me, con troppa superiorità e presunzione . Detto questo complimenti a chi l’ha scritto per la completezza delle informazioni e la ricchezza delle conoscenze.